il Cristo redentore nell'Arte
L'enigma del volto del Cristo
Il volto del Cristo, da duemila anni a questa parte, rappresenta un enigma che nessuno è riuscito né riuscirà mai a dipanare completamente. La sacra Sindone di Torino (1) resta l’unico documento attendibile a questo riguardo.
Effettivamente, però, la Sindone, pur fornendo un’immagine estremamente suggestiva, non può certo essere presa come esempio di un modello formale. Personalmente ritengo che sia assolutamente degna di fede, ma da lì a trarre uno spunto per una definizione pittorica, non mi sembra punto possibile. A meno che non si voglia stilizzarla, o sublimarla in qualche modo. Di fatto, però, un tale tentativo rappresenterebbe il volto della Sindone e non il volto di un uomo.
Essa infatti non mantiene tutta quella serie di riferimenti formali atti a fornire una fedele rappresentazione. È di per sé stessa un’immagine sublimata, oltre tutto in negativo.
Inutile dire che nella storia moltissimi siano stati i tentativi di ricostruire il volto di Cristo, e nessuno di essi ha preso a modello il telo di Torino. A parte la Sindone, vi sono stati casi eccezionali in cui, uomini e donne, religiosi e non, hanno effettivamente affermato di aver visto il volto di Cristo.
La morfologia di un giovane con occhi chiari, la barba rada e i capelli biondo-rossicci è quella che più di tutte si è impressa nel corso dei secoli. La Mistica polacca Faustina Kowalska, canonizzata da Giovanni Paolo II, e a cui è stata dedicata la famosa Domenica in Albis, la prima dopo Pasqua, come festa della Misericordia, ha ordinato ad un pittore di ritrarre un’immagine di Gesù, per l’appunto detta “Divina Misericordia” (2), con la quale lei conversava, quasi quotidianamente.
Il quadro, dipinto a grandezza naturale, è molto bello ed emana una grazia e una generosità non comune. È venerato in tutto il mondo e si può ben dire che rappresenti in modo più che dignitoso, l’amore e la misericordia del Redentore verso il genere umano.
Purtroppo, la stessa monaca afferma almeno inizialmente di non esserne e di come l’immagine non corrisponda perfettamente alle fattezze della figura mistica, in quanto l’entità trascendentale con la quale lei aveva le ripetute visioni, era a suo dire, molto ma molto più bella di quella dipinta.
Inutile sottolineare che il pittore al quale era stata commissionata l’opera dovette subire grande biasimo e forse addirittura qualche rimbrotto da parte della Santa.
Avremmo dovuto chiedere a Padre Pio di darci un resoconto delle fattezze di Gesù. Dubito però che avrebbe risposto affermativamente. Nei suoi scritti lui lo descrive in modi molto diversi, spesso parla di un singolare personaggio tutto bianco e oltremodo rilucente.
Effettivamente, la cosa corrisponde. Casi simili, in cui si sono impressionate pellicole di macchine fotografiche o dipinti casuali apparsi nel cielo, non sono rari. I problemi che i pittori si trovano ad affrontare nell’intento di dipingere e quindi strutturare il sacro volto, non hanno, forse a ragione o forse a torto, mai preso le mosse da questi casi eccezionali.
Il tentativo dell’artista è quello di strutturare un volto, non necessariamente uguale a quello delle visioni originali, ma che incarni una rappresentazione personale, nuova e possibilmente più ampia rispetto ai riferimenti precedenti, che vada sì ad allargare più che ad approfondire gli orizzonti dell’immaginario collettivo, riguardo la figura del Cristo.
L’obiettivo non è quindi quello di descrivere il volto Santo, ma di suscitare nell’osservatore l’emozione, la suggestione che può derivarne. In questo senso il tentativo si iscrive molto bene nella direzione dell’arte contemporanea. Non descrivere, ma rappresentare: non quindi identificare, ma indurre, per suscitare l’emozione e la presenza.
Il fatto di muovere le mosse da una visione trascendentale vera e propria, o anche dal volto della Sindone medesima, non so fino a che punto possa inserirsi in questo intento. Sicuramente potrebbe essere un’ipotesi, ma in linea di massima, non è stata quella percorsa da molti pittori sino ad oggi.
La figura di Cristo nel Giudizio Universale di Michelangelo (3), ha senza dubbio una potenza, e una forza eccezionale, pur non corrispondendo affatto ai modelli assolutamente virtuosi, e probabilmente più fedeli della tradizione mistica.
Il Cristo di Dalì, al contrario, deriva specificatamente da un ritratto della visione mistica di San Giovanni della Croce. Il caso mi sembra possa dirsi eccezionale, in quanto il mistico spagnolo, oltre ad essere dottore della Chiesa, possedeva un talento eccezionale anche nel disegnare, per cui il dipinto originale è esso stesso un’opera d’arte di grandissimo rilievo.
Dalì ne ha tratto grande ispirazione senza discostarsi affatto dall’originale. Ma non tutti i mistici, possono saper tenere il pennello in mano! Il compito dovrebbe essere deputato ai pittori…
Banalmente, si potrebbe affermare, che il Cristo non abbia un viso specifico, ma abbia molti aspetti; o addirittura che abbia semplicemente il volto di ogni uomo.


